Chimera: negli atti anche la decisione di Giuseppe Giampà di far fuori il suo ex braccio destro

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Lamezia Terme – È uno straordinario vademecum; un vero e propio prontuario di nozioni relative al mondo criminale lametino la cosiddetta operazione “Chimera”, l’azione giudiziaria messa a segno nel maggio dellos corso anno dalla Direzione distrettuale antimafia con l’emissione di alcune ordinanze di custodia cautelare in carcere notificate ad alcuni esponenti della cosca “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, sulla base di un’articolata e complessa indagine svolta da un gruppo di investigatori, composto da 14 Carabinieri coordinati dal maggiore Carlo Caci, comandante del reparto operativo – nucleo investigativo del comando provinciale e dal capitano Fabio Vincelli, comandate della compagnia carabinieri di Lamezia.
“Chimera” è un libretto dal quale si apprendono notizie interessanti e rimaste in qualche misura ancora sconosciute e che oggi emergono grazie agli atti finiti nel procedimento penale. Nell’analizzare il contenuto dell’informativa è venuto alla luce un verbale, dove sono contenute le dichiarazione di Rosario Cappello, 54 anni, esponente dell’omonima cosca, diventato poi collaboratore di giustizia, che riferisce agli inquirenti, nel corso di un interrogatorio, che Giuseppe Giampà (anche lui diventato collaboratore dell’autorità giudiziaria), aveva programmato, ancora prima di essere arrestato nel 2011, l’eliminazione di Angelo Torcasio, detto “Porchetta”, e Battista Cosentino, anche loro poi diventati collaboratori di giustizia ancora prima di Giampà, e che si pentirono proprio per il fatto che temevano per la loro vita.
In questo verbale allegato al fascicolo “Chimera”, ma anche a quello di “Perseo”, Rosario Cappello riferisce che Domenico Chirico, finito tra gli indagati di “Medusa”, gli aveva detto che «Giuseppe Giampà aveva anche pianificato l’uccisione di Angelo Torcasio e di Battista Cosentino». La loro esecuzione, spiega Rosario Cappello, «era motivata dal fatto che Cosentino sapeva troppe cose sulla cosche e temeva che se fosse stato arrestato avrebbe potuto “pentirsi”». Mentre Torcasio «doveva essere ucciso perché, essendo colui che raccoglieva i soldi delle estorsioni, non dava più conto a Giuseppe Giampà, mentre rendeva conto a Vincenzo Bonaddio, dal quale aveva ricevuto il consenso di fare estorsioni in via del Progresso».
Quindi sulla base del racconto di Rosario Cappello, Angelo Torcasio, prima del suo arresto (in concomitanza con quello di Giuseppe Giampà, Battista Cosentino e Domencio Chirico, 29 anni, nell’ambito dell’operazione “Deja-vu”), era finito nel mirino del suo “capo”, perché era più “fedele” a Vincenzo Bonaddio, con il quale, come emerge dai vari atti processuali, aveva un buon rapporto nell’ambito della cosca di appartenenza. Giampà non si fidava più del suo “stretto” collaboratore e aveva quindi deciso di eliminarlo. Progetto non portato a termine perché “il Padrino” fu arrestato proprio insieme a Torcasio, Cosentino e Chirico.
La notizia che Giuseppe Giampà aveva pianificato l’eliminazione di Torcasio e Cosentino, Cappello l’avrebbe appresa da Chirico, un mese prima del suo arresto, quando lo informò che tra «Vincenzo Bonaddio e Giuseppe Giampà i rapporti si erano incrinati per problematiche relative alla spartizione di denaro proveniente da estorsioni ed usura. Appreso ciò dissi a Domenico Chirico di informarsi su cosa stava accadendo e riferirmi in merito. Chirico Domenico, a distanza di giorni tornò da me e mi disse che Giuseppe Giampà mi mandava a riferire che da quel momento in poi i rapporti con Vincenzo Bonaddio non erano più gli stessi, poiché era venuto a conoscenza del fatto che lo zio Vincenzo Bonaddio aveva commesso delle estorsioni in via del Progresso senza rendergliene conto».
Nello stesso verbale Rosario Cappello, rispondendo alle domande degli investigatori, ha riferito sui rapporti che «i Giampà avevano con alcune imprese di calcestruzzo ubicate in Lamezia Terme e con un impresa del settore ubicata sulla “Due Mari”». Il collaboratore inoltre ha riferito che la cosca Giampà aveva «rapporti con imprese che effettuavano grossi lavori». Ed in ordine ad alcuni omicidi il collaboratore non ha saputo fornire notizie sull’uccisione di Pasquale Izzo, Giuseppe Torcasio detto “ciucciaru”, Giovanni Torcasio alias “u mindicu”, Enzo Di Spena, Talarico alias “u capace” e Francesco Provenzano detto Ciccio.
Così come non ha saputo dare notizie su altri omicidi commessi tra il 2000 e il 2011. Comunque, al di la dei questo, “Chimera” resta un valido archivio dal quale apprendere interessanti notizie sulla criminalità lametina.